Il 25 marzo è il Dantedì, la Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri. La data è quella che gli studiosi riconoscono come inizio del viaggio nell’aldilà della Divina Commedia, ed è l’occasione per ricordare in tutta Italia e nel mondo il genio di Dante.

Le classi seconde della Secondaria dell’I.C. via Poppea Sabina hanno scelto quest’anno di rivolgere la loro attenzione all’universo femminile dantesco. Le figure femminili della Divina Commedia sono  numerose  in tutte e tre le cantiche. Alcune appartengono alla storia, antica o recente, altre al mito ed alla letteratura, altre ancora sono creazioni allegoriche. Donne corrotte o caste, peccatrici o sante. Nominate singolarmente, sono quasi un centinaio.  Tutte, però, sono  scelte per il loro valore esemplare.  Nell’Inferno le donne descritte da Dante sono ancora piene di rabbia verso coloro che le hanno uccise. Le donne del Purgatorio sono invece più interessate al percorso di ascesa verso il Paradiso, alla preghiera e a essere ricordate dai propri cari. Nel Paradiso invece, cercano Dio.

Gli Alunni e le alunne delle nostre seconde hanno disegnato e dato voce a parole e versi di Dante per raccontare cinque speciali donne : Beatrice, Francesca da Rimini, Pia dei Tolomei, Piccarda Donati e Costanza d’Altavilla.

Gli straordinari disegni sono un magnifico tributo al grande Maestro!

BEATRICE PORTINARI:

Versi e parole tratte da Vita Nova; dal Convivio; dalla cantica del Paradiso.  

Quella fra Dante e Beatrice è sicuramente una delle storie d’amore più famose della letteratura occidentale. Gran parte della sua fama è sicuramente dovuta alla presenza della donna in due celebri opere letterarie del poeta fiorentino, la Vita Nova e, soprattutto, la Divina Commedia.

Nella realtà è figlia di Folco Portinari (1266-1290) ed è quasi coetanea di Dante. Nel 1287 essa sposa Simone de’ Bardi, mentre  Dante sposa Gemma Donati: il suo matrimonio era stato concordato quando egli aveva 12 anni e la futura moglie soltanto 10. Il poeta vede Beatrice per la prima volta a 9 anni e se ne innamora perdutamente. Il secondo incontro avviene quando entrambi hanno diciotto anni. Dante vede per la seconda volta la sua amata mentre sta passeggiando per Firenze accompagnata da due donne più anziane e, vedendolo, lo saluta. Il saluto provoca un grande sconvolgimento nel poeta e segna l’inizio vero e proprio della loro storia d’amore. Essa, vera o fittizia che sia, si conclude tragicamente l’8 giugno 1290, alla morte della donna. Il triste evento offre a Dante l’occasione di dare vita alla prima opera letteraria che gli diede una certa fama, la Vita Nova,  una specie di diario in cui egli parla del suo rinnovamento spirituale provocato dall’amore per lei.

Nella terza Cantica, il Paradiso, Beatrice sarà la guida di Dante e farà da intermediaria fra il poeta e i beati. La donna amata diventa il suo lume morale in opposizione alla corruzione e alla superbia umane. Quella raccontata nel Paradiso non è una storia d’amore: Beatrice diventa il simbolo della Teologia, della Grazia e della Verità rivelata, realizzando il mito proprio del Medioevo, e soprattutto caratteristico di Dante, della donna come mezzo per raggiungere Dio.


FRANCESCA DA RIMINI: dal Canto V dell’Inferno

La Francesca di Dante è una donna che vive con grande trasporto i sentimenti importanti della vita, soprattutto l’amore.

E’ la protagonista assoluta del canto infernale: l’attenzione di Dante è subito catturata da quest’anima, che procede nella bufera dei lussuriosi ancora abbracciata al suo amato. Il racconto di Francesca è  lungo e appassionato, e i suoi ricordi del mondo terreno sono ancora forti: l’anima prova odio per il suo uccisore e per il modo brutale in cui le è stata tolta la vita, mentre era insieme al suo amante, Paolo, che procede silenzioso e in lacrime accanto a lei.  Figlia di Guido da Polenta, signore di Ravenna, alla sola età di 15 anni, Francesca aveva sposato per ragioni di convenienza politica Gianciotto Malatesta, signore di Rimini. Paolo Malatesta, cura il matrimonio che avviene per procura tra il fratello Gianciotto e la giovane Francesca. Paolo bello, Gianciotto sgraziato, Francesca non conoscendo nessuno dei due, crede che il suo sposo sarà Paolo e invece si ritrova sposata con Gianciotto. Attratti comunque l’uno dall’altra e scoperti da Gianciotto mentre un “casto bacio” di Paolo sfiorava Francesca, furono uccisi. Tra i versi più struggenti e conosciuti dell’opera dantesca: “Amor, che a nullo amato amar perdona/mi prese del costui piacere sì forte…


PIA DEI TOLOMEI: dal Canto V del Purgatorio

Dante e Virgilio si trovano nella terza delle quattro zone da cui è composto l’ Antipurgatorio, la seconda balza : qui attendono le anime negligenti  che hanno subito violenza e si sono pentiti solo in fin di vita

Tra le anime, appare una donna . Si chiama Pia de’ Tolomei.  

A lei Dante dedica pochissimi versi, ma estremamente carichi di significato.

 Pia apre il suo brevissimo discorso chiedendo a Dante che ricordi in vita la sua storia, una volta tornato al mondo e riposatosi dal viaggio.

Ella enuncia gentilmente e brevemente al pellegrino il luogo in cui nacque, Siena, e in cui fu uccisa, la Maremma. Allude amaramente al suo assassino, il marito, colui che, cingendo il suo dito con la fede nuziale, l’aveva sposata e poi le aveva dato la morte.  Secondo le ipotesi più accreditate Pia è la moglie di Nello Pannocchieschi, il quale l’avrebbe fatta precipitare da un’alta finestra per sposare poi un’altra nobildonna. Il luogo del decesso sembra essere il Castel di Pietra, in provincia di Grosseto, luogo oggi chiamato per questo motivo Il Salto della Contessa.


PICCARDA DONATI dal Canto III del Paradiso:

Figlia di Simone Donati e sorella di Forese e Corso, giovinetta pia e religiosissima, entrò nel convento di S. Chiara a Firenze per farsi monaca. Il fratello Corso, forse per motivi di convenienza politica, la volle dare in sposa a Rossellino della Tosa, violento esponente dei Guelfi Neri; per questo Corso venne a Firenze con un gruppo di facinorosi, la rapì dal monastero e la costrinse alle nozze con Rossellino. Antichi cronisti e commentatori danteschi riferiscono che Piccarda, appena tolta dal monastero, si ammalò e morì, anche se di questo non c’è alcuna conferma diretta. Secondo altre fonti, ugualmente poco attendibili, il nome da monaca di Piccarda sarebbe stato Costanza.

Dante nel I Cielo della Luna e ne fa la protagonista del Canto III del Paradiso.


COSTANZA D’ALTAVILLA: dal canto III del Paradiso

Nacque a Palermo il 2 novembre 1154, figlia di Ruggero II d’Altavilla, è l’ultima erede normanna del regno di Sicilia. Nel 1186 sposa l’imperatore Enrico VI di Svevia, figlio di Federico Barbarossa. Attraverso questo matrimonio gli Svevi ottengono il controllo dell’Italia meridionale, accarezzando il sogno di poter riunificare l’intera penisola sotto le insegne imperiali. Il 26 dicembre 1194 Costanza di Altavilla è in viaggio verso Palermo; deve raggiungere il marito Enrico VI, imperatore di Germania e incoronato il giorno prima re di Sicilia. È colta dalle doglie durante il suo passaggio a Jesi, nelle Marche. Ordina allora al suo seguito di allestire un baldacchino al centro della piazza per poter partorire pubblicamente. Suo marito Enrico VI è infatti scettico circa la gravidanza e per l’età avanzata e per i dubbi insinuati nel suo animo dai suoi più stretti collaboratori. Così facendo, Costanza allontana ogni dubbio sulla nascita dell’erede al trono, Federico II di Svevia.

“Quest’è la luce della Gran Costanza

che del secondo vento di Soave

generò ‘l terzo e l’ultima possanza”

Con questi versi Dante Alighieri descrive Costanza d’Altavilla, collocata nel I Cielo. Il poeta fiorentino credeva infatti alla leggenda in base alla quale l’imperatrice, in gioventù, data la sua vicinanza alla religione, avesse preso i voti, ma non fosse mai riuscita a coronare il suo desiderio di diventare monaca a causa del papa che l’avrebbe costretta al matrimonio con Enrico VI. Proprio per questo Dante la incontra nel Cielo della Luna, dove risiedono tutti coloro che mancarono ai voti non per loro scelta ma per costrizione. Gli viene indicata da Piccarda Donati, che si prodiga nello spiegare a Dante la personalità e la ragione per la quale Costanza abbandonò il chiostro.